Dal 1 Maggio è ufficialmente iniziata una fase nuova nella gestione del Covid 19, attraverso un cambio di comportamenti sia per le imprese che per i lavoratori, oltre che per la generalità dei cittadini, nei confronti delle misure preventive ancora in atto.
Innanzitutto, è venuto meno l’obbligo dell’accesso al lavoro solo se muniti del green pass, compresi i soggetti con obbligo vaccinale. In secondo luogo, la progressiva riduzione dell’obbligo generalizzato di indossare le mascherine protettive in quasi tutti gli ambiti pubblici al coperto, salvo alcuni servizi e attività. Nei prossimi mesi continuerà ancora a sopravvivere lo smart working emergenziale, almeno fino al 31 Agosto, sia nella sua forma semplificata sia per la sua estensione obbligatoria, fino a fine Giugno, ad alcune categorie di lavoratori fragili o destinati ad assistere soggetti fragili.
L’infezione da Covid contratta sul posto di lavoro è riconducibile all’occasione lavorativa e di conseguenza si tratta di infortunio sul lavoro con i connessi adempimenti. In caso di infortunio, l’INAIL può rivalersi sul datore di lavoro (azione di regresso) in caso di sua responsabilità penale dell’infortunio/infezione, cioè nell’ipotesi in cui sia configurabile il reato perseguibile d’ufficio a carico del datore di lavoro o di suo incaricato per non avere attuato le prescrizioni obbligatorie sul posto di lavoro come quelle relative al protocollo nazionale o di quelli settoriali eventualmente stipulati.
Si tratta di una fattispecie “reato colposo omissivo improprio”, in cui il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato sulla base di un giudizio di alta probabilità logica, che lo rende configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di eventi causali alternativi, l’infezione, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo…”. Negli ambiti lavorativi in cui si presume l'”occasione da lavoro” occorre provare che il contagio da Covid sia stato contratto altrove (es. in ambito familiare – su un treno per pendolari oppure su un volo aereo ecc.), per escludere responsabilità datoriali.
Relativamente all’obbligo o meno di indossare la mascherina protettiva sul luogo di lavoro, stante l’abolizione per legge e la raccomandazione all’uso da parte del Ministero della salute, per il Protocollo l’utilizzo (anche della sola mascherina chirurgica) è obbligatorio e va imposto dal datore di lavoro:
1) in caso di isolamento temporaneo di un possibile caso di covid nei confronti del lavoratore con sintomi;
2) nella fase del trasporto dipendenti organizzato dal datore di lavoro;
3) nella condivisione di luoghi di lavoro (sia all’aperto che al chiuso), salvo il caso di attività svolte in condizioni di isolamento;
4) nelle riunioni in presenza.
Inoltre, quando il Protocollo fa riferimento all’uso della mascherina chirurgica, è fatta salva l’ipotesi che, per i rischi presenti nella mansione specifica, siano già̀ previsti strumenti di protezione individuale di tutela di tipo superiore (facciali filtranti FFP2 o FFP3) o di diversa tipologia. Infine, sulla base del complesso dei rischi valutati a partire dalla mappatura delle diverse attività dell’azienda, si adotteranno DPI idonei, quali le visiere di plexiglass, l’utilizzo di guanti ecc.
Dei quattro precedenti casi che obbligano ad indossare la mascherina il meno circoscrivibile è quindi più generico è il n. 3) dove si parla di “condivisione dei luoghi di lavoro”. In alcuni casi le linee guida di recente adottate dallo stesso Min. salute danno indicazioni specifiche per i lavoratori, come ad es. nei servizi alla persona (parrucchiere, massaggiatore ecc.) che impongono per l’operatore l’obbligo della mascherina protettiva in quanto a stretto contatto col cliente.
Oltre poi all’ambito sanitario e delle Rsa in cui i lavoratori sono tenuti ad indossarle e in specie nelle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, incluse le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistite (Rsa), gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque le strutture residenziali.